The perfect couple

Isola di ricconi, matrimonio del secondo di tre fratelli.
In primo piano i padroni di casa, Nicole Kidman e Liev Shreiber, e poi i tre fratelli, le rispettive mogli e compagne, amici e amiche, i suoceri e insomma un sacco di gente.
Alla fine della prima puntata una persona fra gli ospiti viene trovata annegata.
Perciò, situazione tipica per far emergere, durante le indagini, tresche attuali e passate, interessi, contrasti familiari, rivelazioni.
E, naturalmente, la ricerca dell’assassino/a che, come in ogni rispettabile prodotto di questo genere, ci porta a dubitare a mano a mano più o meno di tutti fino alla rivelazione finale, sorprendente per il movente, peraltro congegnato in modo da essere abbastanza sorprendente e tuttavia credibile, e che ci si può aspettare di più da un giallo?
Perciò: buon prodotto ottimamente confezionato.
Nicole Kidman brava come sempre, che riesce ad essere espressiva anche nei primi piani, ma il protagonista assoluto è Liev Shreiber, per me un gigante della recitazione misurata che dona verità ai personaggi. Lo ricordo nelle lunghe stagioni di Ray Donovan e regista di quel gioiello di “Ogni cosa è illuminata”.
The beast in me

Lei è stata la protagonista di “Homeland”, lui di “Americans”, due fra le migliori serie in assoluto, che hanno mantenuto qualità nelle almeno sei stagioni ciascuna.
In questa miniserie di otto puntate formano una coppia artistica più che all’altezza.
Lui, sopratutto, rende straordinariamente bene la duplicità del narcisista.
Anche la sceneggiatura è ben costruita e, anche se senza grandi innovazioni, si fa seguire e appassiona.
Il finale: i finali potrebbero sempre essere diversi e qui ci sarebbe stata la possibilità di spingere ancora sul tasto “nessuno è innocente”, ma alla fine non si può rimproverare a un prodotto di genere di seguire le strade classiche, compreso uno dei trucchi più abusati per dimostrare la colpevolezza di qualcuno.
In genere guardo un paio di puntate alla volta, raramente mi capita, come in questo caso, di insistere di seguito.
Da vedere.
Disclaimer

Beh, con Cuaròn (Roma) regista e interpreti come Cate Blanchet, Sacha Baron Cohen e Kevin Kline (il migliore, se avesse senso fare una classifica) ce lo si poteva aspettare ma non è mai detto.
Per quanto la storia non sia proprio così originale – ma quale storia può più essere originale? – non dirò della storia, tranne che le due foto che ho scelto ne rappresentano il fulcro.
Il cinema di Cuaròn è fatto di immagini tanto quanto di sguardi e di voci fuori campo e questo amalgama sì che riesce a essere originale. Fastidiosa, per me, solo la continua inessenziale presenza di ogni tipo di gatto in ogni ambiente domestico: sarei curioso di chiederglielo.
In questa storia non ci sono innocenti, e forse la debolezza sta nel finale, quando è sembrato obbligatorio e non lo era, additare una colpevolezza.
Nel terzo episodio la scena di seduzione, e poi di sesso, ma che non vediamo di seguito, sono fra le più erotiche che io abbia mai visto, e anche qui più parole e sguardi che corpi. Un maestro.
Da vedere.










