La sovrana lettrice

Grande preoccupazione a corte: la regina, vicina agli ottanta, ha cominciato a leggere libri!
Non che questo la distolga da suoi doveri, non che la induca a comportamenti inappropriati, tuttavia, nell’entourage, cercano rimedi.
Ne trovano di provvisori, come far scomparire qualche addetto a cui la regina si è forse affezionata, anche se la sua regale posizione non le permette nemmeno di cercarlo.
Il primo ministro si tranquillizza e immediatamente dopo si turba quando la regina fa sapere, in occasione della festa per gli ottanta, che ha intenzione di passare dalla lettura alla scrittura: non di viaggi, nè di un memoire, forse di un saggio e, chi lo sa, forse di un romanzo, perchè no.
Il primo ministro è sbiancato, e non ha ancora letto l’ultima riga di queste deliziose cento pagine di Alan Bennet, sempre soave e pungente.
La vegetariana

Il romanzo – 176 pagine – è diviso in tre parti: nella prima il protagonista è il marito, nella seconda il cognato, nella terza la sorella.
Marito, moglie, sorella di Yeong-hye: la vegetariana.
Il titolo può trarre in inganno, da qualche parte ho letto commenti insensati del genere “hai visto che succede a non mangiare più carne?”.
Si tratta della storia della follia di una donna, che parte da alcuni sogni spaventosi. Ma l’autrice non vuole condurci nell’abisso che può aver prodotto quei sogni e i comportamenti succesivi, si limita a mostrarci il baratro del presente e come se ne varca, inesorabilmente, la soglia.
La scrittura è “povera”; mi sono interrogato sulla difficoltà di tradurre dal coreano, ho cercato in giro e ho scoperto che in realtà il testo italiano è una traduzione della iniziale traduzione inglese, a quanto pare fonte di forti polemiche in Corea e non solo.
Ho immaginato di poter leggere la seconda parte, di gran lunga la più bella, in originale e mi è piaciuto convincermi di come – forse – sarebbe stato visionario il movimento di due corpi dipinti di fiori mentre fanno all’amore, uno coinvolto allo spasimo e l’altro partecipe per inerzia. Una specie di violenza consensuale, se mi si passa l’ossimoro.
Inquietante. Peccato non conoscere il coreano: ho provato con i film di Kim-Ki-Duk (da non perdere) sottotitolati ma temo non sia sufficiente










