La Zona è un posto maledetto, recintato, circondato dall’esercito, dove è proibito entrare.
Gli stalker sanno come passare e come evitare le trappole mortali in un ambiente da fabbrica diroccata, oleoso, puzzolente, viscido.
Il nostro stalker accompagna per soldi due intellettuali, uno scrittore e uno scienziato, attraverso il putridume fino alla soglia – non sono tanti a farcela – che, se superata, può far realizzare un desiderio.
Ma non quello che credi di conoscere, no, quello più nascosto che hai dentro di te.
È questo, è l’avvicinarsi alla propria profondità che attrae e fa paura. Infatti, colui che diceva di voler far tornare in vita il fratello si ritrovò, invece, coperto d’oro.
Dura due ore e quarantatrè minuti, lento, con quei piano-sequenza di Tarkowsky che ti incollano e ti sfiniscono.
A un certo punto mi sono detto ma dai, andiamo avanti, non la fare troppo lunga, e da un certo punto in poi mi sono detto ma come, sta già per finire?
Il tema è simile a quello di Solaris, altro capolavoro di pochi anni prima: lì, i mostri che perseguitano gli astronauti su una stazione orbitante sono i loro sogni che si realizzano.
L’ultima scena di Stalker è commovente come poche.
So che qualcuno che mi desse retta potrebbe maledirmi, ma per me è un capolavoro assoluto, da non mancare.









