Commedia

Un romanzo che segue la breve vita di Jaromil, il poeta convinto di essere capace di costruire una coerenza fra il lirico e il rivoluzionario, nella Praga degli anni quaranta, mentre si afferma il “socialismo” di marca sovietica.

Le donne di Jaromil, con l’eccezione della madre, non hanno un nome: sono la rossa, la cineasta. Anche gli uomini è più facile ricordarli come il pittore, il poeta sessantenne, il poliziotto figlio del bidello, e alla fine, per il lettore, Jaromil sarà solo “il poeta”.

Sono “tipi” non tanto dell’epoca quanto dell’umanità, maschere a contorno di una vita di quelle – come, forse, sono un po’ tutte le nostre vite – che si vogliono gloriose e che, se non ci fossero state, nessuno se ne sarebbe accorto, se uno scrittore non avesse deciso di scriverne in un romanzo.

D’altra parte, se “…l’uomo non può in alcun modo saltar fuori dalla propria vita, il romanzo è molto più libero.”

Negli ultimi due capitoli il punto di vista sui personaggi cambia, eppure li riconosciamo tutti, nelle ultime pagine feroci e tenerissime.

Come tutto Kundera.