‘A Muntagna è femmina.
No, ‘a Muntagna è maschio.
Tutta quella lava rossa che cola.
Tutta quella potenza che erutta, che gode.
Il cratere accoglie, contiene, sta lì che aspetta di essere fecondato.
Il cratere in riposo aspetta solo di ergersi.
I due amici, sulla cima, quando ancora si poteva, una notte di luna che rischiara fino a Filicudi, a rotolarsi seminudi nella sabbia calda, fuori tre, forse quattro gradi. Sotto: il rombo.
Questo è ciò che appare, questa è la luce.
E l’ombra, dove starà l’ombra? Che forma avrà, sotto a quei fumi che nascondono il magma?
Queste striature gialle di zolfo, che segnale sono?
Ci sono tesori, là sotto.
I tesori sono accessibili a chi sa vederli. Forse.
Come si fa a raggiungerli?
Non si sa. Non c’è una strada. O forse non ce n’è una sola. Non si sa. Eppure sono accessibili.
Deve fidarsi, ‘a Muntagna.
Dici che è buon segno che ci ha fatto arrivare fino a qua?
Non si sa, è inutile che cerchi risposte che non ci sono, non ti basta sapere che il tesoro c’è?
E tu come lo sapresti, che il tesoro c’è? Se fosse un inganno?
E dai: che il tesoro c’è lo sanno tutti, anche chi non vuole vederlo lo sa, lo capisce, ma per i più la strada è troppo stretta.
Troppa fatica?
Troppa… dipende. Sempre dipende.
Da che dipende?
Si dice che sono stati trovati diapason di lava, qualcuno è convinto che ci sia una chiave musicale, ma non si sa quale chiave, né su quale pentagramma, e nemmeno se su un pentagramma.
Pare che qualcuno abbia provato a far vibrare il diapason: il suono era inafferrabile e chi c’era racconta che si sbriciolò appena finito di oscillare.
Dici che serve un diapason?
E chi lo sa?
Quando erutta il suono è grave, profondo. Anche adesso, che si sta solo preparando, è cupo.
Questo lo sentono tutti, non può essere questa la chiave.
Un’ottava più alta?
Forse. Forse due, forse tre, chi può saperlo?









