Drammatico - Storico

Un libro faticoso da leggere, e in questo caso “faticoso” vale come apprezzamento, perchè il romanzo restituisce, fa vivere, tutta la fatica di chi, reduce dalla guerra di Corea – siamo quindi a metà degli anni ’50 del ‘900 – è andato a stabilisrsi in Alaska per avere un posto tutto suo.

Sono i 150 acri che Lawrence sceglie sulla carta perchè gli piace che in mezzo ci sia un lago. E quindi la fatica di riconoscerli, di perimetrarli, di dissodarli almeno in parte perchè il nascente Stato dell’Unione gli confermerà la proprietà solo se almeno il 10% risulterà essere stato coltivato. O era il 20%? O erano due culture e non solo una?

L’incontro con Marie, poco più che adolescente, che si scelgono per la vita in quel luogo sormontato da un picco, abitato da orsi pericolosi e alci inafferrabili, dove il primo inverno lo passano dentro a un furgone in qualche modo attrezzato.

Non si conoscono realmente: si studiano, si sopportano, si amano, nuotano nel lago, costruiscono una casa senza sapere come si costruisce una casa, e la nascita di un figlio sembrerà meno importante dell’intestazione sulla carta a uno solo o a entrambi di quei 150 acri.

Poche volte mi sono trovato, mentre leggevo, così immerso in quel freddo implacabile, in quel silenzio, in quel caldo esagerato della stufa, in quella difficoltà di comunicare e in quella tensione per cercare di farcela insieme a ogni costo.
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