Incontrata su web, questa descrizione del meccanismo di evitamento,
che ho trovato molto ben scritta.
QUANDO L’EVITANTE SI AVVICINA… E POI SCAPPA
Ci sono persone che entrano nella relazione come chi entra in casa propria: silenziosamente, senza bussare, con naturalezza. E poi ci sono gli evitanti.Gli evitanti entrano come chi ha paura che la porta possa richiudersi sul loro corpo.Si avvicinano con cautela, si affacciano,sentono il calore, si spaventano, e poi fuggono. Non è incoerenza. È un antico meccanismo di sopravvivenza.Cosa accade dentro un evitante quando si avvicina troppo? Accade una cosa semplice e tremenda: l’intimità attiva una memoria antica di pericolo. Per un attimo si sente visto, scelto, desiderato. E proprio lì, nel punto in cui l’amore inizia a toccarlo davvero,si riapre la ferita più profonda: “Se mi affido, mi perderò.” Se mi lascio andare, sarò invaso.” Se qualcuno entra, io sparisco.” L’evitante non fugge dall’altro. Fugge da ciò che l’altro risveglia in lui:il bisogno. Quel bisogno che ha imparato, da piccolo, a reprimere, negare, anestetizzare.L’avvicinamento è il momento più rischioso per lui. Non la distanza. Perché la distanza la conosce. È la sua casa. L’intimità, invece, è territorio straniero. Così accade la dinamica più dolorosa: si avvicina, perché sente desiderio, curiosità, attrazione, connessione. si accorge di quanto sta provando, e proprio in quell’istante arriva il panico. scappa, perché la vicinanza gli sembra una richiesta impossibile: Non farmi essere ciò che non so essere.” torna, perché la mancanza brucia. Perché non voleva davvero andarsene. Perché la distanza è sicura ma è anche vuota. fugge di nuovo, perché il ritorno riattiva la paura. È un ciclo. E non lo fa per cattiveria. Lo fa perché il suo sistema nervoso non regge l’intimità stabile.Non è contro di te.È contro la sua storia.La persona che gli sta accanto spesso pensa:“Non gli importo abbastanza.”“Non mi vuole davvero.”“Non sono la persona giusta.”Ma la clinica è chiara:L’evitante non fugge quando non gli importa.Fugge quando gli importa troppo. È il coinvolgimento che lo terrorizza. Non l’indifferenza.Cosa accade quando l’evitante impatta con qualcuno che davvero tocca il suo cuore?Accade questo paradosso: vuole restare e vuole scappare, nello stesso momento. desidera contatto ma teme di essere assorbito. cerca amore ma vive l’amore stesso come una minaccia. ti guarda con intensità, e cinque minuti dopo ti evita come fossi un pericolo. Non è crudeltà: è disorganizzazione interna. È un cuore cresciuto in ambienti dove l’amore faceva male, o non c’era, o arrivava troppo tardi, o non doveva essere chiesto.La verità è dura:L’evitante non vuole ferire, ma ferisce perché non sa reggere la vicinanza. E allo stesso tempo soffre. Perché ogni fuga è anche un tradimento verso sé stesso. Ogni volta che scappa, perde ciò che più desidera:essere amato senza essere inghiottito.E allora cosa fare?Non inseguirlo. Non incalzarlo. Non interpretare la sua paura come rifiuto. L’evitante non ha bisogno di essere spinto:ha bisogno di un luogo dove non deve difendersi dal proprio cuore. Un luogo dove possa imparare, lentamente, che l’intimità non è invasione, che la vicinanza non è pericolo,che l’amore non è perdita di sé. E questo richiede tempo, pazienza,confini, e soprattutto una verità: nessuno può guarire la paura dell’intimità al posto dell’evitante stesso. Si può solo restare nella propria verità: chi sei, cosa vuoi, cosa meriti. Il resto è il suo cammino. La sua lotta. La sua soglia da attraversare.

Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie









