Educazione Affettiva

Riflessioni sull’educazione affettiva nelle scuole e sui discorsi che tralasciano le spinte del desiderio.

Quando il ministro dell’istruzione e del merito e il governo in generale parlano di educazione sessuo-affettiva sembra che elidano completamente sia la questione sessuo che la questione affettiva che la questione educazione. Parlano di empatia, di rispetto “alla donna” (sic), di conoscenza dell’apparato riproduttivo, di già c’è nell’educazione civica, senza considerare quali sono le questioni che i docenti – e le famiglie – si trovano a affrontare quotidianamente, che sono essenzialmente legate al desiderio e a tutto il casino che il desiderio – parola mai pronunciata – porta con sé quando hai 15, 12, ma anche 9 ma anche 17, 30 o 58 anni. Senza parlare di una roba che in genere definiamo tenerezza e innamoramento e amore, altre tre parole impronunciate, cosa che fa abbastanza specie per una generazione di pischelli che si chiamano tra di loro Fra e Amo.

Questo genere di questioni riguardano il ragazzino che si fa le seghe in classe perché non riesce a controllarsi, la storiella tra una ragazzina musulmana e il coatto con le famiglie dei due che vogliono fare una strage, il video della gita scolastica con tutti mezzi nudi che fanno a cuscinate che ormai circola in tutta la scuola, la ragazzina che a 16 anni è innamorata del tipo che ce n’ha 22 e che è rimasta incinta e vuole lasciare la scuola e andare a vivere con lui, quello che si vuole ammazzare perché la ragazza l’ha mollato, quelli che fanno orbiting perché non sanno come parlare se non mettendo cuoricini ai post, il prof che fa i complimenti alle sue studentesse 15enni quando si mettono scollate, il ragazzino brufoloso e isolato che non se lo fila nessuno e che da quando si è dichiarato a una sua compagna viene trattato come la merda da tutti, la ragazzina che rifiuta la sua sessualità che sta esplodendo il suo corpo che cambia e diventa anoressica, di quello che a 13 anni chiede ai suoi di fare una transizione, la prof che scrive in privato agli studenti, quella che viene considerata una zoccola perché non ha problemi a avere due o tre storie insieme, tutti quelli che si fanno i grattini in classe, il ragazzino a cui viene detto frocio non perché indossa i pantaloni rosa o si è fatto i capelli viola ma perché una volta in classe si è provato lo smalto della compagna, quella volta che una tipa ha fatto un pompino in classe a un compagno solo per dimostrare che la prof è una ricoglionita e non si accorge di niente, il ragazzo con disabilità che ha delle polluzioni che non riesce a contenere, le due ragazzine che a dodici anni si dicono superamiche, stanno sempre insieme e una vuole restare amica l’altra vorrebbe che si dicessero fidanzate, del ragazzino che ha condiviso su Instagram la foto di una festa in cui c’era anche la ragazza di uno che adesso ha deciso di aspettarlo fuori dalla scuola e menarlo male, il ragazzino con la famiglia sessuofobica che all’occupazione ha scopato con una sua compagna e vuole scappare di casa, ragazzini che si amano, si desiderano, si scoprono, hanno vergogna dei loro desideri, amano i loro desideri, si fanno molto bene, si fanno molto male, sono fieri del proprio corpo che cambia, gli fa schifo il proprio corpo che cambia, hanno una famiglia che gli lascia casa il weekend per scopare, hanno una famiglia che se li scopre che scopano li tumula in un pilone di cemento.

Forse per questo c’è bisogno di un’educazione sessuo-affettiva, che ovviamente nomini soprattutto il perturbante, nomini tutte le questioni comprese ovviamente le questioni di genere, ma non perché c’è l’indottrinamento, ma perché sono esattamente le domande che fanno i ragazzini e le ragazzine, sono le domande che fanno agli adulti e alla vita in generale, e che ci facciamo con queste domande, facciamo finta di non sentirle, le eludiamo, le rimandiamo a chatgpt, al catechismo, alla scuola coranica, alla chiacchiera con la nonna, a pornhub, all’amico smagato, a wikihow?

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